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Il colloquio di lavoro tra storytelling ed intelligenza emotiva

Il colloquio di lavoro tra storytelling ed intelligenza emotiva


Il colloquio di lavoro tra storytelling ed intelligenza emotiva

Pensavate che lo storytelling fosse rivolto soltanto ai bambini vero? Storielle per farli addormentare la sera… Miscredenti! Ebbene no, il suo campo di applicazione è vasto tanto da pensare di suggerirvelo qualora aveste intenzione di presentarvi ad un colloquio di selezione.

Intanto vediamo bene di cosa si tratta.

Introduzione allo storytelling

Lo storytelling è l’arte grazie alla quale si può comunicare attraverso le storie. Il che implica trasmissione di percezioni, significati, messaggi ed emozioni, è tutto tranne che una semplice descrizione dei fatti.

In un racconto c’è sempre una storia ma in una storia non c’è sempre un racconto
Gabriele Prevato

Perché la definisco arte? Non ha forse elementi di creatività e studio scientifico forse? Beh questi sono i due elementi principali che la rendono arte. Chi si cimenta nello storytelling sa che non può improvvisarsi ma deve studiare ed allenarsi.

Vi offro qualche spunto di riflessione per capire quali elementi caratterizzanti si devono tener presenti per realizzare un buon storytelling:

  • permette di manifestare ed esprimere idee forti ma anche di trasmettere semplici informazioni;
  • può riprendere elementi narrativi dalla realtà circostante;
  • ha elementi di tensione che mantengono sempre alta l’attenzione dell’ascoltatore;
  • ha un ritmo incalzante;
  • presenta elementi di trasformazione, cambiamento dei personaggi e/o dello status quo del narrato;
  • è facilmente ricordabile;
  • consente di offrire al Mondo la propria visione personalizzata e creativa della realtà;
  • permette di generare empatia e facilita il processo di comprensione e riconoscimento del sé.

Ecco il motivo per cui lo storytelling viene applicato nel marketing, nelle risorse umane, nell’educazione, nella formazione e nella terapia per esempio. È potente l’impatto che può avere sulla persona o gruppi di individui.

Storytelling ed intelligenza emotiva 

Grazie ai primi studi realizzati da Peter Salovey e John D. Mayer nell’ articolo “Emotional Intelligence” (1990) e successivamente ripresi da D. Goleman (1995), sappiamo che grazie all’intelligenza emotiva si è in grado di percepire, riconoscere, valutare e gestire le proprie ed altrui emozioni.

È più facile a dirsi che a farsi penserete! Ecco perché lo storytelling vi può venire in soccorso!

Da sempre le storie fanno parte di noi stessi e del nostro essere sociali ed il bisogno di raccontarsi e raccontare è da sempre stato utile per interpretare la realtà ma soprattutto per recuperare il senso dell’esistenza cognitivo-affettiva, spirituale, relazionale della nostra storia di vita.

L’auto-narrazione di sé e e delle proprie emozioni consente di rielaborare, riflettere e dare significati che prima erano celati, rimasti lì appesi senza che potessero essere svelati ed approfonditi.

Ed è così che l’auto-narrazione fa si che possiamo, tutti noi, raggiungere un buon grado di consapevolezza emozionale.

Essere consapevoli delle nostre emozioni, valutarle e saperle gestire rende più autonomi e sicuri.

Non è forse questa una delle competenze che viene più richiesta nel mondo del lavoro?

Colloquio di lavoro ed intelligenza emotiva

Vediamo insieme due possibili scenari che si potrebbero presentare durante un colloquio di lavoro di fronte alla seguente domanda tipo: perché ha deciso di studiare sociologia all’università?

Scenario 1

Candidato: ehm… ehm… le scienze sociali mi hanno da sempre interessato ed ho pensato di studiarle all’Università.

Scenario 2

Candidato: sono una persona molto curiosa ed osservatrice, tendo a prestare sempre attenzione alle dinamiche che si innescano nella società, dal più semplice al più complesso. Mi informo sul funzionamento delle istituzioni sociali ma anche sulle dinamiche di trasformazione dei modi di comunicare tra generazioni per esempio. Acquisto libri, frequento blog e siti internet che ne parlano… insomma resto sempre aggiornato! Ho voluto dar voce e seguire questa mia particolare inclinazione per le scienze sociali, per questo mi sono iscritto a Sociologia in modo tale da poter oggi essere qui e far si che possa essere anche il mio lavoro!

Notate le differenze?

Quello che salta subito all’occhio è il grado di approfondimento ed argomentazione completamente diverso tra i due scenari. Il primo è molto più breve, frutto di una mancata analisi e consapevolezza del profondo perché è stata fatta la scelta del percorso di studi. Al contrario, nel secondo scenario che è più argomentativo ciò non manca.

Inoltre quest’ultimo ci mostra un candidato consapevole, sicuro, in grado di fare autoanalisi. Aperto a farsi conoscere e a farsi capire dall’interlocutore, probabilmente emozionato ma che sa riconoscere e mettere in secondo piano questo stato d’animo rispetto alla narrazione della propria esperienza di vita. Si avverte che ciò che racconta è sentito e non frutto di improvvisazione. Ha costruito nel tempo una sua storia che oggi riesce in maniera disinvolta ad esternare e farne un cavallo di battaglia, riuscendo a coinvolgere l’interlocutore.

Vi lascio con uno spunto di riflessione: se non è il candidato stesso che crede in se stesso ed in ciò che dice perché dovrebbe farlo il selezionatore?


Michela Cremona

HR Recruiter Specialist

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