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Chi si loda si imbroda?

Chi si loda si imbroda?


Chi si loda si imbroda?

Qualche giorno fa, durante un incontro di career coaching, ho chiesto alla ragazza che seguivo, che chiameremo Ginevra, di cosa si stesse occupando e quali fossero i suoi attuali obiettivi professionali.

Di seguito le risposte che mi ha dato:

  • “Sono in ritardo nel conseguimento della laurea, sto facendo un tirocinio nel mio settore ma non è un vero lavoro”.
  • “In questi anni ho insegnato privatamente ma questa esperienza non ha un reale valore”.
  • “Ho sempre il timore di non essere sufficientemente brava, le persone con cui lavoro non le vedo come colleghi perché hanno molta più esperienza di me”.

Mi sono resa conto che il suo curriculum era la copia scritta di ciò che raccontava a parole:

  • L’esperienza di tirocinio non era inserita;
  • Il percorso di insegnante era segnato senza alcun approfondimento;
  • Non si evincevano obiettivi e competenze apprese.

In generale parlava di sé e del suo percorso in modo piuttosto svalutante e lei stessa, difatti, mi aveva confermato di aver avuto difficoltà nella stesura del curriculum, proprio perché le sembrava di non aver avuto esperienze degne di nota, né tantomeno un know how da poter spendere sul mercato del lavoro.

Accoglienza e racconto di sé

Mentre parlava, mi è balenato nella mente il concetto di inclusione e di quanto spesso se ne parli in termini di accoglienza e accettazione dell’altro, del diverso da noi.
Se da una parte inclusività significa accoglienza degli altri, dall’altra significa anche accoglienza di sé.

Si, perché spesso siamo i primi implacabili giudici di noi stessi e il modo in cui ci percepiamo, coincide spesso con il modo in cui ci raccontiamo agli altri.

Nel caso di Ginevra, poi, il racconto che faceva di sé non corrispondeva totalmente alla realtà oggettiva, poiché seppur vero che non aveva un’esperienza professionale solida alle spalle, il suo modo di comunicare era chiaro ed estremamente piacevole.
L’approccio al lavoro diligente, con una forte etica e uno spiccato orientamento alla collaborazione; e nonostante i momenti di confusione non si era mai fermata, continuando a studiare e lavorare con tenacia.

Questi aspetti, tuttavia, erano messi in ombra da tutto ciò che mancava.

Che fare dunque?

L’importanza dell’atteggiamento

La cosa che ho voluto sottolineare era quanto questo atteggiamento verso se stessa influisse sul suo modo di raccontarsi professionalmente.
Alla luce di ciò, ho pensato che un esercizio utile potesse essere farle riscrivere il curriculum avendo l’accortezza intenzionale di:

  • sospendere del giudizio: mettere in pausa, anche solo per il tempo utile alla stesura del cv, la vocina giudicante che le esperienze fatte non hanno valore e dare la possibilità a qualcosa di positivo di emergere;
  • concentrarsi su ciò che ho e non su ciò che non ho: è possibile abituare la mente a concentrarsi esclusivamente su ciò che non si è ancora raggiunto o su ciò che non si possiede; è possibile, tuttavia, fare anche il contrario! Cominciando a rivolgere l’attenzione a ciò che si è già imparato e agli obiettivi raggiunti fino a quel momento;
  • parlarsi con accoglienza: come nel primo punto, talvolta ci siamo abituati a parlare a noi stessi come il più severo dei giudici tanto da sembrare di essere fatti di soli difetti. Comincia a trasformare questi difetti in pregi, e a parlare a te stesso/a in modo accogliente.

Cambiare tutto e subito non è possibile, ma cominciare con piccoli passi, sì.

Chi si loda si imbroda?

La stesura del cv è diventato in quel momento un’occasione per ripercorrere mentalmente:

  • Le esperienze da cui aveva appreso nuove competenze;
  • Le situazioni in cui aveva collaborato e contribuito al raggiungimento di obiettivi;
  • I momenti in cui si era sentita soddisfatta di ciò che aveva fatto.

Non è stato semplice.
Quando ci si abitua a vedere solo ciò che manca non è automatico fare il cambio di prospettiva.
In questo breve viaggio Ginevra si è accorta che di fatto c’erano molte più cose positive di quelle che immaginava ed è riuscita a riconoscere delle situazioni in cui si è sentita competente e soddisfatta di sé.

Questo esercizio si può fare in tanti modi diversi oltre al cv: si può prendere, ad esempio, un foglio di carta e fare una lista di pregi e degli aspetti per i quali ti senti fiero/a di te. Spazio alla creatività!

L’obiettivo finale, a prescindere dal metodo, è quello di cominciare a costruire un rapporto con se stessi più inclusivo e consapevole del valore personale che ognuno di noi possiede intrinsecamente.

Mi viene in mente il detto chi si loda si imbroda e mi sono chiesta se sia davvero così; senza dover scadere nella vuota autocelebrazione è importante imparare, ogni tanto, a farsi i complimenti e a sviluppare una sana inclusività verso se stessi.

Questo è un primo passo verso una maggiore comprensione di sé, che può diventare fondamento di una maggiore comprensione dell’altro.


Chiara Di Marco

HR Consultant

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