Intelligenza artificiale e sviluppo sostenibile
Intelligenza artificiale: cos’è?
L’intelligenza artificiale sta facendo passi da gigante e anche se non ce ne accorgiamo è sempre più presente nella nostra vita, in ogni ambito. Ma cosa si intende precisamente per AI?
Rispondere a questa domanda non è semplice, è un argomento complesso, sfaccettato e che afferisce a molteplici discipline.
Bisognerebbe chiederlo agli esperti del settore, e difatti, se chiedete ad Alexa di definirla, lei vi risponderà che: “è una disciplina appartenente all’informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che ad un osservatore comune sembrerebbero di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana”.
Riguarda, quindi, l’abilità di un sistema tecnologico di risolvere problemi o svolgere compiti e attività tipici della mente e delle abilità umane.
Tutto è Intelligenza artificiale?
Per capire la differenza tra informatica, automatizzazione e intelligenza artificiale bisogna fare una precisazione (non la faccio io ma Michele Grazioli, giovane imprenditore nell’ambito delle applicazioni di intelligenza artificiale e definito da Forbes tra i 100 leader italiani under 30 del futuro, quindi fidiamoci): la differenza si trova tra la parole processo e decisioni.
Se l’RPA (Robotic Process Automation) si basa su processi che seguono uno schema sempre uguale a se stesso, seppur con variabili, l’intelligenza artificiale si concentra su automatizzare o ottimizzare delle decisioni che seguono uno schema logico che spesso è intangibile e/o indecifrabile e che non si ripetono ogni volta nello stesso modo.
Questo per dire che non tutto ciò che viene definito AI, lo è realmente.
Come nasce?
Poiché l’Intelligenza artificiale si propone di riprodurre prestazioni che sarebbero ad appannaggio dell’essere umano, utilizziamo proprio le fasi di vita umane per descriverne brevemente la nascita e lo sviluppo:
- Gestazione: siamo nel XVII secolo, cuore della scienza moderna, in cui vengono costruite le prime macchine in grado di effettuare calcoli automatici, precursori del calcolatore. Viene poi Alan Turing, considerato il padre dell’informatica, che nei primi anni del 1900, contribuisce allo sviluppo dell’AI. Nel 1943 il neurofisiologo Warren Sturgis McCulloch e il matematico Walter Harry Pitts teorizzano che i segnali tra due cellule sono caratterizzate da un comportamento esclusivo dove la trasmissione del neuro impulso può essere solo completa o nulla, accesa o spenta; assimilando il neurone ad un sistema binario, mostrano come dei neuroni possono essere combinati per calcolare le tre operazioni logiche elementari: NOT – AND – OR. Da qui nasceranno le reti neurali artificiali.
- Nascita: la locuzione Intelligenza artificiale viene utilizzata per la prima volta nel 1955, in un documento informale, dai matematici e informatici John McCarthy, Marvin Minsky, Claude Shannon e Nathaniel Rochester per proporre una conferenza che sarà considerata la vera e propria culla della nascita di queste disciplina. Verrano infatti presentate per la prima volta le prime macchine che imitano le attività di problem solving degli esseri umani.
- Infanzia: come un bambino curioso e assetato di scoprire il mondo, così le ricerche sull’AI procedono a passo spedito: Turing con il gioco dell’imitazione lancia una domanda: “le macchine possono pensare?”.
Nel 1958 viene proposto il primo spettro neurale per il riconoscimento di forme; il linguaggio LISP nasce sempre nello stesso anno.
- Adolescenza: nella seconda metà degli anni ’60, l’innocenza dell’infanzia sembra essere stata lasciata alle spalle…cominciano i primi problemi tra i quali la consapevolezza che alle macchine manca la memoria. Ci si accorge che i fallimenti dei modelli messi in pratica negli anni precedenti sono riconducibili al fatto che le macchine si limitano ad una manipolazione sintattica: correlazioni di singoli episodi, senza la possibilità di correlare significati.
- Giovinezza: a partire dagli anni ’80 ad oggi siamo in fase in cui l’AI può essere paragonata alla fase della giovinezza: il fermento sul tema, e la voglia di sperimentare unita ad un’adeguata capacità di analizzare e imparare dal percorso fatto.
E l’età adulta? Beh questo è un capitolo ancora da scrivere.
L’AI tra vantaggi e dubbi etici
Macchine intelligenti, capaci di apprendere e interagire con il mondo esterno rappresentano oggi una risorsa importante nella sfida verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo, anche quello sostenibile.
Pensiamo ai vantaggi, ad esempio in ambito sanitario, nell’utilizzo dell’AI per prevenire patologie o curare pazienti altrimenti non curabili; sono disponibili sul mercato sistemi in grado di attingere da un bacino infinito di dati, accelerando processi di diagnosi che diversamente sarebbero molto più lunghi, suggerendo percorsi di cura ottimali in caso di tumori o malattie particolari.
Nell’ambito della cybersecutiy l’intelligenza artificiale è alleata nella prevenzione delle frodi.
Anche nell’ambito della pubblica sicurezza viene applicata l’AI per la prevenzione dei crimini in aeroporti, stazioni ferroviarie e città metropolitane o per la prevenzione e la gestione della crisi in casi di calamità naturali.
E potremmo andare ancora avanti.
È innegabile, quindi, che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale ha dei vantaggi sulla gestione sostenibile dei processi più disparati e gli ambiti di applicazioni sono infiniti.
MA, c’è un MA.
Eh si, perché l’altro lato della medaglia è che lo sviluppo dell’AI con la mole infinita di dati e i potenziali rischi correlati destano non poche critiche, di natura etica e non solo.
Le questioni etiche legate allo sviluppo dell’intelligenza artificiale non possono essere presi sottogamba, tanto che le multinazionali stanno prendendo provvedimenti in merito (Google, ad esempio, ha accolto l’obiezione di coscienza dei suoi dipendenti e ha redatto un codice etico per l’intelligenza artificiale, nel quale si impegna a non realizzare sistemi o software che utilizzino l’AI per arrecare danno all’uomo).
In tempo non sospetti l’astrofisico Stephen Hawking metteva in guarda sui rischi dell’applicazione dell’intelligenza artificiale: «non siamo in grado di prevedere cosa riusciremo a fare quando le nostre menti saranno amplificate dall’Intelligenza Artificiale”.
Pregiudizi, mancanza di trasparenza, violazione della privacy, sono solo alcuni dei punti caldi.
I rischi di una guerra scatenata dai computer o una catastrofe occupazionale sono anche i timori di Elon Musk che ha evidenziato che l’intelligenza artificiale è il più grande rischio cui la nostra civilizzazione si trova a far fronte.
Insomma, tra le mani abbiamo uno strumento potente, che fa e farà discutere e che dobbiamo maneggiare con cura affinché possa essere realmente a servizio dell’uomo, non il contrario.
Staremo a vedere.
Chiara Di Marco
HR Consultant