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Essere imprenditori di se stessi. Che vuol dire?

Essere imprenditori di se stessi. Che vuol dire?


Essere imprenditori di se stessi. Che vuol dire?

Se aprite il mio profilo Instagram vedrete che tra le persone che seguo ci sono: una vegana che condivide ricette, un’appassionata di beauty, una pattinatrice, un’insegnante di inglese, uno psicologo (e sono solo alcuni). Cosa hanno in comune queste persone? Hanno in comune il fatto di aver preso uno giorno una video camera, un telefono e un PC, e di aver iniziato a comunicare la propria passione (e competenza) sul web e a fare di questo il loro lavoro.

Il lavoro ai tempi dei social

I social stanno ribaltando in modo epocale il concetto di lavoro e, se fino a qualche anno fa il percorso educativo standard sembrava essere l’unica via per avere una chance di combinare qualcosa nella vita, oggi ci si comincia a chiedere se non ci siano altri modi per inserirsi in quella giungla chiamata mondo del lavoro. La nuova consapevolezza dell’enorme potere dei social, molto più che nella semplice condivisione  di contenuti, ha ribaltato anche il concetto di imprenditorialità e si parla spesso di imprenditori digitali.

Fino a qualche anno fa l’imprenditore era, nell’immaginario, un uomo, magari sulla cinquantina, verosimilmente in giacca e cravatta e a capo di grandi aziende (almeno questa è la visione che avevo io). E non solo, essere imprenditori era cosa che capitava a pochi, sembrava un mondo irraggiungibile ai più.

Come si fa a diventare imprenditori? Boh. Mica te lo insegnano a scuola.

Ora la questione è molto diversa. L’aumento dell’utilizzo dei social ha coinciso con la divulgazione di centinaia, ma che dico, migliaia di contenuti che propongono video di crescita personale, pillole su “come raggiungere i tuoi obiettivi in 5 mosse”, divulgazioni su come diventare imprenditori di se stessi e avere una carriera di successo. In parallelo sono tantissime le piattaforme che permettono di frequentare corsi (o fornirli) al fine di sviluppare nuove competenze o mettere quelle già acquisite al servizio di altri (basti pensare a piattaforme come Kajabi, Teachable, Podia e chi più ne ha più ne metta).

Sembra proprio che la frase “al giorno d’oggi con un telefono e una connessione internet puoi fare quello che vuoi” sia vera. E in parte è così. Il percorso verso il mondo lavorativo ci ha visti andare a scuola, al liceo e, forse, all’università e per alcuni, sicuramente, è stato il percorso giusto per raggiungere i propri obiettivi professionali, qualsiasi essi siano.

In questo percorso la domanda che ci è stata fatta, forse più volte, è “Cosa vuoi fare da grande?”. E per i più è una domanda difficile a cui rispondere. E forse mal posta.

Cosa vuoi fare essere da grande? 

Credo sia mal posta perché l’accento sul “fare” talvolta ha soffocato la dimensione del desiderio e del talento e il web in questo è stato molto di aiuto nel dare una nuova prospettiva. Alla domanda: “cosa devo fare da grande” si è sostituita “cosa VOGLIO fare”, “cosa SO fare” e “ cosa MI PIACE fare”. E da qui la riscoperta delle passioni che diventano lavoro (e anche ben pagato in alcuni casi).

La digital transformation ha dato un boost importante alla cosiddetta economia della passione, sottolineando il fatto che se hai coraggio, la tua passione può diventare il tuo lavoro e, soprattutto, i social sono stati l’apripista per la nascita di professioni che fino a 10 anni fa non esistevano affatto.

Ma quindi dobbiamo tutti essere imprenditori, creare il nostro personal branding e diventare influencer per essere felici e avere successo?

No. Attenzione, non è così.

E la sfida più grande sarà, soprattutto per le nuove generazioni, non far passare il messaggio che se da grande sarai una mamma a tempo pieno, un commesso in un negozio o un impiegato senza un account Instagram, non avrai valore. Questo, e non solo questo, è il lato oscuro dei social (vi invito a guardare il documentario Netflix “The social dilemma” che aiuta a capire i pericoli del social media).

Qui secondo me si gioca la partita più importante nel capire che cosa realmente significa essere imprenditori di se stessi.

Mi sono scervellata per venire a capo di tutta questa faccenda, cercando di capire cosa fosse giusto e cosa no, ho cercato di guardare la questione da più punti di vista, mi sono chiesta se tutta questa enfasi e propagazione di contenuti per la crescita personale fossero buoni o portassero in sé il messaggio che chissà che risultati devi raggiungere per essere felice… Insomma ho cercato di arrivare al nocciolo della questione e alla fine sono arrivata ad una conclusione molto semplice ma di fondamentale importanza, ossia che il miglior modo per essere imprenditori di se stessi è diventare se stessi. In qualsiasi forma. On line o off line. 

Calarsi nella propria realtà per essere imprenditori di se stessi 

Il vero significato di essere imprenditori di se stessi è questo, avere il coraggio di cercare di diventare se stessi al 100%.

In quest’ottica, prendiamo il buono che la digital transformation ci offre, perché ce n’è molto, mantenendo un occhio critico e consapevole che non necessariamente tutto quello che ci viene offerto deve andare bene per noi.

Non tutti dobbiamo creare una start up, fare video o avere un seguito online. Se trovi la tua soddisfazione facendo il tuo lavoro ogni giorno, qualsiasi esso sia, hai vinto.

Come dicevo, però, non tutti hanno la chiara consapevolezza del proprio valore specifico e unico e come società di consulenza, fornendo diversi servizi a persone e aziende, ce ne rendiamo conto.

Capita spesso di incontrare persone incastrate in modelli standard nei quali non rientrano, e la sfida è quella di far riemergere la consapevolezza individuale del proprio valore. Ed è sorprendente vedere come, se messe nelle giuste condizioni, le persone sono in grado di ritrovare la strada e i desideri perduti. A volte è sufficiente fornire un nuovo punto di vista affinché si riaccenda la scintilla e la voglia di non fermarsi e migliorarsi. O semplicemente di essere felici per i risultati raggiunti, senza sentire la pressione di doversi sforzare sempre e in continuazione.

C’è una frase di Tommaso Moro che mi ha sempre colpita che dice:

“Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io  possa  avere  la  pazienza  di  accettare le  cose  che  non  posso  cambiare, che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere”. 

Se oggi guardiamo alla nostra vita e vediamo che c’è qualcosa che vorremmo cambiare, facciamolo, ma attenzione a non mettere vestiti che non ci stanno bene e sforzarci di essere quello che non siamo, perché quella non è la strada giusta.

Se sei un albero di mele, non desiderare di voler produrre albicocche, ma impegnati per far fruttare le mele più buone che puoi.


Chiara Di Marco

HR Consultant

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