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Generazioni a confronto: il ruolo strategico dei late workers in azienda

Generazioni a confronto: il ruolo strategico dei late workers in azienda



Quando si parla di lavoro, il dibattito ruota sempre intorno ai giovani: la Gen Z, gli stagisti, i nuovi talenti digitali (se non hai letto il nostro articolo di agosto, puoi recuperarlo qui!). Ma c’è un “dettaglio” che molti dimenticano: in Italia la forza lavoro sta invecchiando.
E no, non parliamo di un futuro lontano: già oggi il tasso di occupazione degli over 55 sfiora il 60%. Insomma, i cosiddetti late workers non sono una nicchia, ma una realtà con cui ogni azienda deve fare i conti. (Fonte: il Fatto Quotidiano)

La domanda è: come li stiamo gestendo?

Chi sono i late workers

“Late” non vuol dire “in ritardo”: in questo caso ci riferiamo ai lavoratori maturi, over 55 che continuano a portare il loro contributo nelle aziende.
Molti li etichettano come “a fine corsa”, come se la pensione fosse dietro l’angolo e tutto il resto non contasse. Ma i late workers sono ben altro: competenze, rete di relazioni, stabilità e capacità di affrontare le difficoltà con quella calma che solo l’esperienza regala.

Perché i late workers sono preziosi per le Aziende

Un team che mescola generazioni diverse funziona meglio. Non è una frase fatta, lo dicono i dati: i gruppi con età bilanciate hanno performance più alte (OECD docet).

Ecco qualche motivo pratico per cui i late workers fanno la differenza:

  • Esperienza: hanno vissuto crisi, cambiamenti di mercato e riorganizzazioni. E sanno come si sopravvive.
  • Affidabilità: il turnover tra i senior è molto più basso. In un mondo di job hopping continuo, vale oro.
  • Mentorship naturale: sono un punto di riferimento per chi entra, aiutano a trasferire competenze e cultura aziendale.
  • Visione a lungo termine: meno fretta di fare carriera, più focus sul risultato e sulla qualità.

Le sfide da non ignorare

Valorizzare i late workers è un’opportunità, ma non significa che sia tutto semplice. Una delle prime sfide riguarda l’aggiornamento continuo: il digitale corre veloce e non si può pensare che la formazione sia riservata solo ai più giovani. Poi c’è il tema, spesso invisibile ma molto presente, dei bias generazionali: la discriminazione per età esiste ancora, magari non dichiarata apertamente, ma sottile e capace di condizionare carriere e opportunità. Infine, c’è la questione del welfare e della flessibilità. Garantire orari adattabili, possibilità di smart working e attenzione alla salute non è un “favore” ai lavoratori maturi, ma un investimento per mantenere alta la loro produttività e, di conseguenza, quella dell’azienda.

Cosa fare in pratica

Integrare davvero i late workers significa passare dalle parole ai fatti. Ecco alcune leve concrete che un’ Azienda può attivare:

Formazione mirata

Non ha senso proporre ai lavoratori maturi corsi standard pensati per i neoinseriti. Invece, cosa si può fare?

  • Puntare su aggiornamento digitale e nuove tecnologie.
  • Valorizzare l’esperienza già acquisita, costruendo percorsi che partano da lì invece che ignorarla.
Reverse mentoring

Il mentoring non è mai a senso unico. I giovani possono insegnare ai senior ad adottare con disinvoltura gli strumenti digitali mentre i senior, a loro volta, trasferiscono soft skill, capacità relazionali e visione strategica.
Un vero scambio alla pari, che rafforza entrambi i lati della squadra.

Ridefinizione dei ruoli

Limitare i late workers ad attività esecutive è uno spreco: possono essere coinvolti in ruoli di supervisione, tutoraggio e mentoring e, in questi contesti, la loro esperienza diventa un moltiplicatore per tutto il team.

Employer branding inclusivo

La comunicazione aziendale spesso parla solo “giovane”… Ma un brand che sa attrarre e trattenere i talenti è quello che sa valorizzare tutte le età! In quest’ottica, mostrare storie di lavoratori maturi è un segnale forte di inclusione e raccontare un ambiente dove l’esperienza conta quanto la freschezza aiuta a costruire credibilità.

E quindi?

I late workers non sono un peso: sono un vantaggio competitivo. In un mercato dove i giovani sono pochi, difficili da trattenere e spesso in fuga all’estero, scommettere sui lavoratori maturi è un atto di intelligenza strategica. Le aziende che non sanno valorizzare i late workers, rischiano di diventare loro stesse… obsolete.


Marta Massimi

Talent Acquisition Manager

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